‘’Quando i nostri accademici attaccano gli aspetti pubblicitari, ludici, comunicativi, spettacolari, frammentari delle ricerche contemporanee […] Apparentemente si attacca un'estetica, in realtà ci si oppone a una tensione al rinnovamento, al cambiamento, alla presa di coscienza di una diversa visione del mondo.’’
Partiamo dal presupposto che una visione del mondo è univoca, non è relativa, è un fatto che esiste e tutti (o quasi) ne sono a conoscenza. E l’architettura, come arte sociale, deve necessariamente adattarsi ad essa e saperla raccontare. Se viviamo un’ epoca in cui stanno prendendo piede nuove sostanze, necessariamente conseguiranno nuove forme per l’architettura. E questo cambiamento spaventa. D’altro canto, le nuove sostanze non possono rimanere indifferenti agli occhi degli architetti, l’architettura necessita di essere riconcepita, come creatice di paesaggi diversi, e come casa di una società che sta cambiando, che non apprezza più ciò che funziona, ma è attratta da ciò che ha la potenza di comunicare, raccontare una storia. L’architettura però non è un’arte visiva, non deve essere soltanto guardata, non deve soltanto trasmettere e comunicare agli animi, per sua definizione, ogni prodotto architettonico nasce da un bisogno pratico che essa deve soddisfare tramite una serie di principi fondativi che la strutturano dalla sua origine. Quello che spaventa chi non accetta il cambiamento, è proprio la tendenza della nuova architettura, a tralasciare talvolta i principi che dovrebbero generarla, o a considerarli di secondaria importanza, lasciando il posto a diverse e nuove necessità da soddisfare. Il cambiamento spaventa perchè non si ha fiducia in chi ha la responsabilità di dover conciliare gli aspetti fondativi della disciplina con un nuovo modo di concepire la sostanza dell’architettura. In conclusione, è bene pretendere le massime competenze dai nuovi architetti, che dovranno essere capaci sì di affrontare i nuovi orizzonti che vi si pongono, i pezzi di città da riprogettare con una diversa mentalità, una nuova faccia dell’architettura da ripensare, ma non perdere di vista quella ratio che è insita nella loro disciplina, che dovrà sempre sopravvivere a spazi e tempi.